Migliorare il sistema di istruzione universitario e renderlo più competitivo a livello internazionale. Queste, secondo Carlotta de Franceschi, docente alla Columbia University, presidente e co-fondatrice Action-Institute, le chiavi per favorire la conversione digitale dell’economia in una città. Se ne è parlato oggi, nel corso della Genova Smart Week.
«L’abbiamo già visto a New York − spiega De Franceschi − quando Bloomberg ha capito che l’industria della finanza stava subendo una forte trasformazione e si stavano perdendo moltissimi posti di lavoro: così ha trasformato New York nella capitale della tecnologia. partendo anche dalle università e dalle sinergie con altri poli universitari stranieri di prestigio, come quella israeliana, con cui è si è creato da zero un nuovo politecnico. In Italia un sindaco dovrebbe colmare il gap esistente nel sistema di istruzione, iniziando a far pressione sui rettori universitari affinché non ci siano facoltà scientifiche a numero chiuso e anzi, aprirle il più possibile. Semmai è necessario creare numeri chiusi a livello di facoltà umanistiche: abbiamo sempre più bisogno di laureati in matematica, fisica, ingegneria eccetera. Inoltre, ci sono molti fondi a disposizione e molti non riescono a trasformarsi in lavoro: per questo è importante fornire più borse di studio per studenti che vogliono percorrere questo tipo di carriere».
«Inoltre − aggiunge, ricordando che in Italia gli investimenti in istruzione sono calati del 14% − bisognerebbe favorire lo sviluppo delle università nelle aree metropolitane: le università metropolitane creano più brevetti e spin off. E ancora, borse di studio per corsi più sofisticati in università straniere e online. Incentivare le stesse università metropolitane a creare corsi di qualità online, che possano competere con quelli internazionali ed essere messi a disposizione di tutti gli studenti in Italia».
Un problema di non poco conto nelle università italiana è la mancanza di ricambio generazionale, a Genova per esempio sono decenni che non si fa un concorso, con docenti in pensione costretti a proseguire per un anno (gratuitamente) la docenza per sopperire alle mancanze sui corsi: «Come in molti altri settori, è necessaria una visione di lungo periodo e non di breve. In questo caso è mancata la programmazione: l’Italia non ha saputo capire di quali professionalità avesse bisogno l’università a livello di docenti. Il nostro è il grande Paese della letteratura, ma anche della matematica e della scienza. Basti pensare che Palermo era una delle migliori università di matematica fino alla seconda guerra mondiale».