SINGLE-PUBBLICAZIONE

Concorso Scuola 2016: una sfida per costituire la nuova classe di insegnanti del futuro

Autore : M. Carlana e I. Brescini

Data: 05-02-2016

Tipo: Altro

Tematica: Capitale Umano

Per far crescere un Paese è importante favorirne l’innovazione e lo sviluppo, questo è il principio cardine del progetto sulla Buona Scuola promosso dall’attuale governo Renzi. Una riforma ambiziosa, un investimento importante che vuole rivoluzionare il sistema scolastico per renderlo più all’avanguardia, perché scommettere sull’educazione, sulla formazione dei giovani è un punto di partenza necessario per rilanciare il Paese.

La riforma ha avuto due grandi pregi: arginare il subdolo problema del precariato degli insegnanti con un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato nell’anno scolastico 2015-16 e di introdurre il merito nelle assunzioni con il Concorso Scuola 2016.

L’obiettivo del governo è assumere quasi 64.000 docenti fra quelli già abilitati all’insegnamento e che vinceranno il concorso (a cui vanno aggiunti altri 30.000 docenti iscritti alle Graduatorie ad Esaurimento ed esclusi l’anno scorso dal piano straordinario di assunzioni). Nonostante le varie critiche sollevate da professori e sindacati sulla struttura e sui contenuti delle prove, che hanno rallentato i lavori, il nuovo bando di concorso a cattedra dovrebbe essere pubblicato la settimana prossima.

Gli inglesi dicono che il diavolo stia nei dettagli ed è questo il caso anche per la sfida politica del concorso, che sembra voler fissare come condizione d’accesso l’abilitazione all’insegnamento. Una condizione quella dell’abilitazione sicuramente condivisibile, se non fosse che l’ultimo tirocinio formativo attivo (percorso più comune per l’abilitazione degli insegnanti) risale al 2014 e che per alcune categorie del concorso, come ad esempio quelle riguardanti gli insegnanti di laboratorio, non è mai stato istituito un percorso di abilitazione ordinario.

A questo proposito il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha evidenziato nel suo parere come il numero dei docenti abilitati sia esiguo o addirittura, per certe categorie, inesistente. Infatti, con l’attuale riforma sono state istituite nuove classi di concorso, come ad esempio scienze e tecnologie della calzatura e della moda, scienze e tecnologie della logistica – che data la loro natura fortemente innovativa per il sistema – non presentano insegnanti già abilitati. Per cui per alcune categorie il concorso rischia addirittura di andare deserto.

Una soluzione pratica potrebbe essere quella di dare ai docenti precari che non hanno avuto modo di abilitarsi, la possibilità di partecipare al concorso condizionando la presa di servizio all’ottenimento dell’abilitazione. Questa soluzione ovviamente richiederebbe l’attivazione di corsi di abilitazione intensivi, da tenersi anche dopo il concorso e da completarsi entro l’assegnazione delle cattedre.

L’esclusione di questi potenziali candidati potrebbe generare numerosi contenziosi ed i sindacati già minacciano l’annullamento del concorso.

Inoltre per evitare che si creino situazioni in cui alcuni docenti assunti rimangano senza cattedra ed alcune cattedre rimangano al contrario scoperte, si potrebbero creare, al posto di un’unica graduatoria generale, come attualmente previsto dal Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, delle graduatorie divise per settore disciplinare.

Come ha detto il premier Renzi, “la strada intrapresa è quella giusta” e finalmente si intravede spazio per il merito, ad esempio con un punteggio maggiore nel concorso a chi ha avuto abilitazioni selettive o ha un dottorato. Tuttavia se merito ed equità vogliono essere al centro della riforma, risulta cruciale evitare che i potenziali docenti neo laureati o quelli che rappresentano nuove figure per la scuola del futuro perdano sei anni a causa della giungla burocratica che il governo è determinato ad estirpare.
 

 

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