Autore : Libero Belli
Data: 18-05-2016
Tipo: Altro
Tematica: Innovazione
Si avvicina il 30 maggio, termine ultimo fissato dal Fisco per integrare le documentazioni presentate entro il 31 dicembre scorso per accedere alle agevolazioni concesse dal patent box. Il regime italiano presenta alcune unicità ed ha creato alte aspettative di rilancio. Action Institute prova ad analizzarne la portata mettendo inoltre in luce degli spunti che andrebbero affrontati a livello Comunitario.
“Dobbiamo analizzare questa pratica e discuterla in Europa… Sorge il dubbio che venga adottato solo per attrarre aziende”. Con queste parole il Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha più volte criticato l’adozione del Patent Box da parte di alcuni paesi europei, ritenendola una forma di concorrenza fiscale dannosa, i cui effetti sarebbero in contrasto con lo spirito dell’UE.
Il Patent Box, in estrema sintesi, consente alle imprese la parziale esenzione dei redditi derivanti da beni immateriali. Inoltre, permette la detassazione delle plusvalenze (c.d. capital gains) derivanti dalla cessione di beni immateriali, a condizione che l’impresa ne reinvesta almeno il 90% in attività di Ricerca e Sviluppo.
Per quanto introdotto, con sfumature ed aliquote diverse all’interno dei vari paesi europei, gli obiettivi originali del patent box sono: ridurre il carico fiscale per le imprese che investono in ricerca e sviluppo, incentivare l’innovazione ed aumentare l’attrattività del Paese nei confronti degli investitori stranieri. Ad esempio, in Gran Bretagna, a fronte di un minor introito fiscale, l’adozione dello strumento ha portato il colosso farmaceutico Glaxo Smith Kline ad investire oltre 500 milioni di sterline in nuovi stabilimenti e alla creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro.
L’Italia ha introdotto questo regime a fine dicembre 2014 con la Legge di Stabilità. Anche alla luce della recente “fuga” di grandi gruppi italiani verso il Lussemburgo, il Legislatore italiano si è ispirato proprio al modello vigente questo Paese, estendendo le agevolazioni fiscali non solo ai brevetti, ma anche ai marchi. Tuttavia, come riportato all’interno del Policy Brief “InnovAction Life Sciences”, secondo Action Institute questa scelta ha effetti distorsivi di non trascurabile impatto.
Innanzitutto, lo scopo originale del patent box è agevolare le attività in ricerca e sviluppo, i cui frutti – i brevetti – sono per natura molto costosi e con una protezione limitata nel tempo. Per cui, a fronte di un grande investimento iniziale, l’impresa ha pochi anni per beneficiare delle proprie scoperte prima di venire “copiata” dai concorrenti. Questo problema ovviamente non si applica ai marchi che per loro natura non hanno scadenza.
Secondo, il patent box originariamente voleva sussidiare i brevetti delle aziende europee, specialmente le PMI, che devono affrontare ingenti costi burocratici, cinque volte maggiori rispetto a quelli americani, e che spesso inducono le aziende a rinunciare. Il problema ovviamente non si pone per i marchi la cui registrazione non supera le poche centinaia di euro.
Terzo, le attività ad alta intensità di ricerca hanno effetti estremamente positivi sul tessuto economico e sociale di un paese, vantaggi che vanno ben oltre quelli legati al profitto della singola impresa. Di qui nella valutazione dell’opportunità non meramente economica di favorire queste, molti paesi europei hanno scelto di adottare il patent box. Al contrario, favorire la registrazione di nuovi marchi trova sicuramente consenso all’interno del mondo imprenditoriale, ma non presenta certo gli stessi benefici né a livello sociale né a quello di sistema.
Infine, l’applicabilità del patent box ai marchi costituisce un costo per la finanza pubblica. Impatto che non si giustifica quando confrontato con i benefici attesi.
Sebbene nel lungo periodo si auspichi il superamento delle logiche competitive tra i vari paesi UE, Action Institute propone dei correttivi al patent box all’italiana all’interno del Policy Brief “InnovAction Life Sciences”. Pur vedendo con favore l’introduzione della normativa. l’Action Tank propone l’allineamento alle best practices europee per ridurre l’incentivo che le aziende italiane hanno a spostarsi laddove il patent box risulta essere più “generoso”. In secondo luogo, escludere la registrazione di marchi dall’agevolazione reindirizzando cosi risorse verso le realtà impegnate maggiormente sulle attività di ricerca e sviluppo.
Non dimentichiamoci che il patent box è uno strumento relativamente nuovo ed il dibattito in Europa è ancora aperto: la Germania rimane ora sola, tra i grandi paesi Europei, a contrastare questo strumento di fiscalità. L’Inghilterra ha annunciato un ridimensionamento della misura, modificando il meccanismo di rendicontazione del patent box. Nel mirino anche il Lussemburgo per presunti aiuti di Stato, grazie ad un regime di tassazione particolarmente favorevole per la proprietà intellettuale che prevede l’esenzione dell’80% dei redditi derivanti dallo sfruttamento della proprietà intellettuale. A rincarare la dose, il Parlamento Europeo a Novembre 2015 ha etichettato i Patent Boxes come “esempi di concorrenza fiscale dannosa tra gli Stati”.
Guardando il trend avviato da Francia e Belgio nella prima metà degli anni duemila viene comunque da chiedersi: “Qual è il futuro dell’integrazione fiscale europea se tra i Paesi è in atto una concorrenza tutta al ribasso?”. La teoria economica suggerisce effetti negativi sull’efficiente allocazione del capitale e degli altri fattori produttivi mobili. Il mancato coordinamento delle norme sulla tassazione e fiscalità stanno creando fenomeni migratori che danneggiano la competitività europea nel suo insieme e purtroppo favoriscono l’elusione fiscale. Tali evidenze mostrano come i diversi patent box presenti sul panorama europeo non siano più efficienti rispetto al crescente grado di globalizzazione dell’economia.
Alla luce di ciò non sarebbe più opportuno confrontarsi a livello comunitario per creare un sistema in grado di creare certezza nella tassazione e che nel suo complesso renda il panorama europeo più competitivo rispetto ad altre realtà mondiali? In fondo l’Europa è il più prezioso intangible asset che tutti abbiamo da proteggere e da incentivare.