Autore : Andrew Funck
Data: 19-03-2018
Tipo: Altro
Tematica: Action Institute
“Noi europei dobbiamo davvero prendere il nostro destino nelle nostre mani. I tempi in cui potevamo fare pienamente affidamento sugli altri sono passati da un bel pezzo, questo ho capito negli ultimi giorni”. Così parlò Angela Merkel, alla chiusura del G7 di Taormina: una dichiarazione forte, un impulso importante al processo di integrazione europea. Ma soprattutto una netta presa di posizione nei confronti degli alleati americani. L’Europa, Germania in testa, – lasciava intendere la cancelliera – vuole guardare a sè stessa, e non più all’altra sponda dell’Atlantico, per affrontare le sfide che le si pongono davanti.
D’altro canto, quanto emerse dai summit di Taormina ed Amburgo fu che erano più le divergenze che i punti in comune tra Vecchio Continente e Stati Uniti. Gli stessi rapporti personali tra i leader europei ed il presidente Trump, peraltro, avevano palesato l’esistenza di tensioni, tra (mancate) strette di mano e prove di forza più o meno riuscite.
L’abbandono degli accordi di Parigi da parte degli Stati Uniti, per esempio, ha segnato una rottura su un percorso che i paesi dell’Unione definiscono “irreversibile” ed ha rafforzato l’asse europeo con Pechino.
Le divergenze riguardavano anche la politica commerciale. Dopo il ritiro dal TPP ed aver chiesto la rinegoziazione del NAFTA, l’amministrazione americana ha ribadito la propria svolta protezionistica anche nei confronti dell’UE. Di pochi giorni fa è la notizia relativa l’introduzione di nuove tariffe su acciaio e alluminio provenienti dall’estero (fatta eccezione per Messico e Canada). In direzione opposta l’Europa che, rincorrendo la ritirata americana dai mercati globali, ha promosso il proprio export a trazione tedesca in ultimo trovando un accordo di principio il 6 luglio scorso un accordo di libero scambio col Giappone le cui negoziazioni sono state finalizzate l’8 dicembre scorso. Questa operazione ha inviato un segnale forte per sottolineare che due delle principali economie mondiali rifiutano il protezionismo.
Anche nel settore della difesa, al disimpegno americano è seguita la spinta europeista. Se infatti da un lato Washington ha dato segnali ambigui prima definendo “obsoleta” la NATO (salvo poi ritrattare) e poi criticando i governi europei per l’insufficienza della loro spesa militare, l’elezione del nuovo presidente francese Macron ha dato nuovo slancio al progetto di una difesa comune sul suolo europeo. La conferenza ad alto livello sulla sicurezza e la difesa tenutasi a Praga il 9 giugno 2017 ha infatti evidenziato sia la complementarità tra l’UE e la NATO sia la necessità di intensificare gli sforzi dell’Europa per potenziare la ricerca, le capacità e le operazioni nel campo della difesa.
Chiare quindi le ragioni per cui al G20 di Amburgo, Berlino si sia detta pronta ad esercitare il proprio ruolo di guida anche oltre i confini europei facendo culminare un percorso durato oltre settant’anni. Di fatto, dopo aver negato credibilità agli Stati Uniti, la cancelliera Merkel ha chiesto un’investitura per la guida di un’Europa che dovrà contare sulle sole proprie forze, senza l’ombrello protettivo e amichevole degli americani. Un’Europa i cui cavalli di battaglia saranno la questione climatica ed il libero scambio, e che alcuni potrebbero chiamare tedesca.
Sulla stessa traccia è sempre stato il presidente francese, che intende porre il rinnovato asse franco-tedesco alla guida di un’Europa ulteriormente integrata, in grado di affrontare con maggiore efficacia i crescenti flussi migratori ed il problema del terrorismo.
L’elezione di Trump era stata accolta con scetticismo dai leader europei. Uno scetticismo che aveva trovato conferma nei primi mesi della sua presidenza. Eppure, anche se il cambiamento della politica estera americana pone l’Europa in una difficile posizione, la riconferma di Angela Merkel in Germania è garanzia di continuità e consolidamento dell’asse franco-tedesco che guida la governance del continente, aprendo così una finestra di opportunità per il cammino europeo. L’augurio è che la ritirata statunitense dal Vecchio Continente possa essere la scossa necessaria per il suo rilancio: per aspera ad astra.