Autore : Alessandro Scarpelli
Data: 10-07-2018
Tipo: Altro
Tematica: Capitale Umano
Un’importante criticità del mercato del lavoro italiano ed europeo è costituita dallo sbilanciamento tra domanda ed offerta: i fenomeni dello skills gap e dello skills shortage incarnano, in maniera differente tra loro, le problematiche derivanti dalla distanza tra le competenze dei lavoratori e quelle richieste dalle aziende.
Che cosa si intende per skills gap? Si tratta di un fenomeno per cui l’azienda assume lavoratori che possiedono capacità inferiori ad un dato livello o che non riescono a soddisfare i requisiti di competenza necessari.
Lo skills gap può dipendere dalla sovra-qualificazione o, viceversa, dalla sotto-qualificazione della forza lavoro. Secondo un report del CEDEFOP, nel 2018 circa il 22% dei lavoratori europei al momento dell’assunzione risulta sotto-qualificato, con i valori più elevati tra i giovani e le donne. In Italia il valore si attesta al di sotto del 20%. Per quanto riguarda la sovra-qualificazione, i dati del CEDEFOP riportano che gli individui che svolgono mansioni per cui sarebbe sufficiente un livello di istruzione inferiore risultano il 20% a livello europeo e circa il 17% a livello italiano.
Lo skills shortage, invece, si riferisce al caso nel quale vi sia una maggiore domanda di lavoratori con date competenze rispetto all’offerta, rendendo così alcuni posti di lavoro difficili da occupare. A tale proposito, risulta che circa il 40% delle imprese europee riscontri problemi nell’attrarre lavoratori con le giuste capacità, mentre in Italia il valore scende al 30%. Non considerando gli elementi che rendono un lavoro poco attraente (ad esempio i bassi salari), emerge che i posti di lavoro che rimangono vacanti per mancanza di competenze nel nostro paese sono circa il 12%, in linea con la media europea.
Un settore particolarmente colpito dal fenomeno dello skills shortage è quello ICT/STEM. I profili professionali più interessati sono gli sviluppatori di software (38%) e gli ingegneri elettronici (43%). Si prevede però che anche nella sanità possa verificarsi un fenomeno di shortage, a causa di una crescente domanda di professionisti dovuta ad un aumento dell’età della popolazione ed all’elevato turnover nei prossimi 5 anni (CEDEFOP, 2017; CEDEFOP, 2016).
Nel policy brief “Skills Mismatch in Italia” (Action Institute, 2017), Galletti e Gualdi presentano varie proposte inerenti a skills gap e skills shortage. Per quanto concerne il problema della mancanza di lavoratori con le adatte competenze nell’ambito ICT/STEM, gli autori sostengono la necessità di introdurre corsi specifici di materie scientifiche fin dalla scuola primaria, sulla scia del modello inglese. Inoltre, essi propongono di stabilire un sistema di valutazione centralizzato e di rafforzare il più possibile le competenze manageriali dei dirigenti scolastici. Nello scenario del cambiamento tecnologico in atto, questi provvedimenti rappresenterebbero una risposta efficace alle carenze lamentate dalle aziende, incidendo anche tramite l’aumento del bacino di studenti iscritti a facoltà ICT/STEM.
Un altro tassello fondamentale riguarda la proposta di investimenti mirati per l’attrazione di professionisti specializzati, già inseriti nel mondo del lavoro, o di studenti ancora in fase di formazione. L’esempio-modello qui riportato consiste in Catapult, una rete di centri di ricerca, università ed imprese attivi in Inghilterra, finalizzata a creare sinergia tra settore pubblico e privato ed a sostenere l’innovazione. Un progetto di tale genere necessiterebbe di fondi pubblici. Tuttavia, un simile network d’innovazione genererebbe esternalità positive nel tempo, migliorando la ricerca, incrementando la produttività delle aziende ed anche proprio aumentando l’offerta di lavoratori competenti nei settori tecnologici. Investimenti di tale tipologia possono inoltre risultare profittevoli: Catapult si sostiene esclusivamente mediante la partecipazione a bandi di ricerca nazionali o internazionali.
Per quanto riguarda la discrepanza tra domanda ed offerta, Action Institute si pone inoltre come promotore del potenziamento delle politiche attive del lavoro. A questo fine, occorrerebbe razionalizzare le competenze dell’ANPAL in merito al rapporto con le regioni e migliorare la NASpI; quest’ultima è un’indennità di disoccupazione che consente di acquisire servizi formativi presso agenzie di ricollocamento. Attualmente, un disoccupato può decidere di rinviare di un anno l’utilizzo della NASpI, ponendo così un freno all’acquisizione di competenze e pertanto alla chiusura dello skills gap. L’incentivo ad un utilizzo immediato del sussidio, così come l’espansione graduale della copertura, potrebbero rivelarsi politiche efficaci.
Inoltre, Action Institute ritiene che la chiusura dello skills gap debba necessariamente partire dal rafforzamento della collaborazione tra imprese e strutture formative: perciò occorrerebbe investire negli Istituti tecnici superiori; questi operano in varie aree, dal turismo alla meccanica, al fine di formare lavoratori aderendo alle necessità aziendali sul modello delle Faachhschulen tedesche.
In definitiva, le inefficienze presenti sul mercato del lavoro rappresentano una delle debolezze dell’economia italiana. La mancata corrispondenza tra competenze richieste ed offerte è infatti un tema determinante per lo sviluppo economico. La risoluzione dei problemi di skills gap e skills shortage richiede collaborazione, investimenti mirati e costante attenzione alla qualità delle risorse umane. Azioni lungimiranti in questo campo servirebbero ad accrescere la competitività del sistema-paese, così come a risolvere il disagio di migliaia di persone costrette a lavori sotto-qualificati e ad arginare la conseguente crisi sociale.