SINGLE-PUBBLICAZIONE

Quali politiche per un sistema competitivo in Italia?

Autore : Action Institute

Data: 16-02-2016

Tipo: Altro

Tematica: Innovazione

“La creazione di un simbiotico ecosistema di innovazione (più mutualistico) pubblico-privato richiede nuove metodologie, parametri e indicatori per la valutazione degli investimenti pubblici e dei relativi risultati. In assenza di efficaci strumenti per la valutazione degli investimenti, i Governi impiegano troppo tempo per comprendere se stanno contribuendo alla nascita di nuove iniziative che non sarebbero altrimenti nate ovvero se stanno operando in ambiti già esistenti”. Così scrive Mariana Mazzuccato, la famosa economista italo americana, nel proprio libro “Stato Imprenditore”.


Specialmente dopo la grande recessione, il ruolo dei governi nel promuovere l’innovazione è al centro del dibattito in tutte le economie avanzate. In particolare, in Europa, regione afflitta da una forte crisi di competitività, stretta nella morsa dell’austerity che, come sottolinea Bruegel in un recente Policy Brief, ha portato la maggior parte dei paesi a tagliare proprio quegli investimenti pubblici in ricerca che della competitività sono alla base, la domanda è ancora più martellante.


Come riportato dalla Commissione Europea, “decenni di ricerche condotte in campo macroeconomico hanno dimostrato come l’innovazione, nei paesi sviluppati, sia in grado di stimolare la crescita economica fino all’80%”. Non per altro l’innovazione è il cardine della strategia dell’UE per stimolare la crescita e creare occupazione.


In questo contesto le start-up rappresentano sicuramente una delle realtà più dinamiche ed interessanti. Nido di idee e stimoli alla crescita, la loro acquisizione permette il trasferimento di conoscenza, innovativa e commercializzabile, verso attori chiave dell’economia globale: le multinazionali. L’Italia, tuttavia, non sembra al momento un terreno fertile, in quanto ancora poco compatibile con il nuovo modello di innovazione radicatosi nel contesto internazionale negli ultimi quindici anni, quello dellopen innovation, termine coniato per la prima volta da Henry Chesbrough nel 2003. L’innovazione, infatti, non è più un processo chiuso all’interno delle singole imprese o istituzioni, anzi,è un processo corale, in cui sono coinvolte reti locali di attori, quali imprese, ricerca ed education/training, finanza, settore pubblico, consumatori, spesso chiamate “ecosistemi di innovazione”, che operano sinergicamente per lo sviluppo e l’introduzione di innovazioni sul mercato.


In un sistema Italia eccessivamente frammentato dal punto di vista della ricerca e del tessuto imprenditoriale, in cui sono presenti gravi difficoltà nel trasferimento tecnologico e scarsi investimenti in R&S, diventa ardua impresa dar vita a questi poli di innovazione. Questo anche a causa delle scarse misure di supporto finanziario pubblico e della quasi totale assenza di capitale di rischio a supporto sia delle fasi embrionali dello sviluppo delle start-up(seed capital) sia delle fasi di crescita successive (venture capital). Secondo i datiEurostat, ad esempio, il mercato di venture capital del nostro Paese ha una dimensione nettamente inferiore rispetto ai principali paesi europei, valendo nel 2013 solo lo 0,003% del Pil rispetto allo 0,038% francese, lo 0,027% inglese e lo 0,025% tedesco. In più, solo un quinto di queste risorse è destinato ad investimenti in start-up basate su scienze e tecnologie industriali.


A modello di riusciti poli di innovazione nel campo tecnologico-digitale abbiamo gli ottimi esempi di New York e Londra. Questi hanno visto nel pubblico un forte ruolo nel fornire visione, orchestrazione e infrastruttura a servizio del privato, ma sono realtà ben diverse dai distretti industriali italiani, dimostratisi inadeguati soprattutto per un fenomeno di chiusura su loro stessi che ha impedito di innovare e competere adeguatamente.


In tale contesto diventa quindi fondamentale un disegno di misure tese a facilitare la creazione di reti locali di innovazione. Ma non solo, è indispensabile anche un percorso che vi attiri grandi gruppi industriali, competenze e investimenti.


Sulla base di queste considerazioni Action Institute ha pubblicato un rapporto, Ecosistemi di innovazione: misure di sviluppo, in cui formula ed illustra proposte pratiche finalizzate al rilancio della competitività del sistema economico industriale italiano. Nello specifico, il pacchetto si articola in tre parti.


In primo luogo, l’Action Tank incoraggia l’elaborazione di un nuovo disegno di strumenti pubblici di incentivo alla ricerca. A titolo di esempio, fornisce chiare linee guida per possibili fondi a supporto di progetti finalizzati all’accelerazione imprenditoriale e al proof of concept tecnologico e di mercato, o per incrementare gli incentivi fiscali per tutte le imprese che stipulino contratti di ricerca con università o enti pubblici di ricerca. Queste nuove misure dovrebbero, inoltre, concentrare le risorse finanziarie, attualmente allocate in decine di programmi pubblici e spesso tramite contributi “a pioggia” di dubbia efficacia, in strumenti focalizzati e congruenti, in linea con le raccomandazioni europee dell’High Level Group for Innovation Policy Management. Infatti, guardando all’ampia varietà delle misure pubbliche a supporto dell’imprenditorialità, della ricerca e dell’innovazione, è emerso come l’Italia non abbia un problema di quantità di risorse disponibili, ma di una loro allocazione incongruente ed inefficiente. Nel rapporto InnovAction Digital, Action Institute stima che nel 2012 il Ministero dello Sviluppo e le Regioni abbiano erogato contributi per la nuova imprenditoria per 321 milioni di euro e fondi per ricerca, sviluppo e investimenti per 1,35 miliardi.


In secondo luogo, è proposta la creazione di un Fondo Nazionale Seed, un programma di coinvestimento e accompagnamento per il seed capital, che favorisca l’attrazione di competenze e capitali in alcuni, selezionati, incubatori e parchi scientifici nazionali. Un modello di riferimento è il programma di incubazione e seed capital dell’Office of Chief Scientist dello stato di Israele, il cui ecosistema è riconosciuto da tempo come uno degli hub più importanti dell’innovazione globale.


Da ultimo, il Think Tank propone la creazione di una regia Nazionale per l’Innovazione, che sia in grado di rivedere la coerenza delle misure in essere e fornire linee guida attraverso un Piano Nazionale dell’Innovazione prodotto annualmente.


Queste le proposte da cui partire per favorire e stimolare nascita e crescita di ecosistemi di innovazione. Grazie al loro sviluppo l’Italia sarebbe in grado di giocarsi le prime posizioni in termini di competitività, non solo a livello europeo, ma anche a livello globale.

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