SINGLE-PUBBLICAZIONE

Terapia intensiva: il conto alla rovescia per le imprese italiane è già iniziato.

Autore : Carlotta de Franceschi

Data: 26-03-2020

Tipo: Altro

Tematica: Credito

Ventisette giorni è, secondo JP Morgan, la boccata di ossigeno, legata alla liquidità, che permetterebbe alle piccole imprese americane di restare in vita, se smettessero di fatturare. Ed è interessante come JPM Morgan segnali fra i soggetti che arrivano al massimo a ventuno giorni i ristoranti, i negozi, le costruzioni ed i servizi alla persona.

 

Pessimisti? È di stamattina la notizia che la richiesta di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti è cresciuta del 1000% passando da circa 200 mila a 3,3 milioni. Presagio dello Tsunami in arrivo che ha convinto il Senato Americano a dare il via in tempi record ad un programma di sostegno dell’economia da 2,000 miliardi di dollari.

 

E in Italia? Uno studio del Cerved di marzo lancia un grido d’allarme sull’impatto che il calo delle vendite legato al coronavirus avrà sulle imprese italiane. Impatto che, se non gestito dal Governo, porterebbe a due effetti: il fallimento di un numero di imprese dovuto alla loro crisi di liquidità ed il conseguente contagio finanziario (ossia il fallimento o la crisi finanziaria) di una platea ancora più ampia.
In particolare, l’analisi del Cerved prende in considerazione 720 mila società di capitali italiane e stima che potrebbero entrare in crisi di liquidità, a seconda degli scenari, fra il 17% ed il 33% di queste, con un impatto sull’occupazione che coinvolgerebbe fra i 2,8 ed i 3,8 milioni di lavoratori. Sempre nello stesso studio il Cerved stima un fabbisogno di liquidità per fronteggiare l’emergenza fra i 30 ed i 110 miliardi.

 

Sembra chiaro che l’intervento di Mario Draghi sul Financial Times mercoledì sera cristallizzi bene la drammaticità e l’urgenza della situazione, spronando i policy makers ad agire con coraggio, chiarezza e senza ulteriore indugio.

 

Ma se il Covid-19 colpisce ai polmoni anche le nostre imprese, qual è la situazione del nostro sistema produttivo? Se immaginiamo che il virus abbia cominciato a serpeggiare fra le aziende già a fine febbraio, minandone fatturati e pagamenti, possiamo immaginare che un numero significativo di queste stia procedendo con una certa rapidità verso la terapia intensiva. E le risposte confuse annunciate su Facebook e quelle altrettanto inadeguate dell’Europa suggeriscono che in Italia per il mondo produttivo i letti disponibili siano davvero troppo pochi.

 

Action Institute ha pubblicato mercoledì una proposta di politica economica per dare ossigeno alle imprese, minimizzando l’effetto sulla finanza pubblica. Perché se è vero che la Germania, l’economia egemone in Europa, ora può permettersi di emettere 500 miliardi di debito ed attivare con KfW 500 miliardi di credito tramite garanzie, l’Italia, stremata da 20 anni di crescita anemica, ha certamente meno risorse a disposizione.

 

Action Institute propone di mutuare la soluzione dal sistema anglosassone attivando per le imprese una forma di finanza così definita “di urgenza”: aggiuntiva, “più sicura” per il creditore, rispetto all’indebitamento esistente, e garantita dallo Stato. Il Think Tank propone di utilizzare l’istituto della finanza in pre-deduzione già presente nel diritto fallimentare italiano, emendandolo per prevedere anche situazioni in bonis. Le linee sarebbero concesse in base al fatturato dell’anno precedente (il 30%), mese per mese, a tasso zero e per 5 anni, anche se Draghi nel suo articolo sembra suggerire che debiti di questo tipo andrebbero eventualmente cancellati ed assorbite dai governi. La platea individuata dall’ Action Tank è quella delle imprese sopra 10 milioni di fatturato, ma se necessario si potrebbe anche allargare.

 

Il meccanismo della finanza di urgenza permetterebbe di evitare eventuali comportamenti opportunistici da parte delle imprese e ridurre drammaticamente l’impatto sulla finanza pubblica (viene stimata la perdita di un miliardo a fronte di 100 miliardi di liquidità attivati): la garanzia dello Stato andrebbe infatti a garantire solo l’indebitamento legato alla contrazione della liquidità per l’emergenza virus, ossia una mera frazione dell’indebitamento complessivo dell’impresa. L’idea di Action Institute è che questo ossigeno venga erogato al dettaglio tramite il canale bancario che opererebbe come una rete di ospedali sul territorio, a sua volta somministrato dalla “bombola centrale” che potrebbe essere la Cassa Depositi e Prestiti o il Conto di Tesoreria presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (che accumula i proventi e quindi il surplus di conto corrente dello Stato).

 

Questa soluzione avrebbe anche il vantaggio di essere attivabile in tempi rapidi, dato che, come suggerisce il forte messaggio di Draghi, il conto alla rovescia verso la terapia intensiva è già partito.

 

“La sfida davanti alla quale ci troviamo davanti” – scrive Draghi – “è come agire con sufficiente forza e velocità per evitare che la recessione prenda la forma di una depressione prolungata, resa ancora più profonda dalla pletora dei (potenziali, nrd) fallimenti che lascerebbero un danno irreversibile”. La proposta di Action Institute va proprio a cercare di limitare i fallimenti, la cosa importante da parte del Governo e dell’Europa ora sarà la velocità, portata ed il coordinamento delle soluzioni.

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