Renzi all’UE “Basta diktat. Sulle riforme decidiamo noi”

ROMA. «Le riforme le decidiamo noi e non Bruxelles, nessuno pensi di commissariarci». Domani mattina, 10.30, Montecitorio. È il luogo scelto da Matteo Renzi per il suo duella a distanza con la Commissione Europea e i cavalieri del rigore Schaeubel e Katainen. Nella domenica a Pontassieve il premier scrive e riscrive gli appunti, dissando su carta i concetti forti con cui proverà a bombardare il quartier generale nemico. Un discorso dei mille giorni in cui parlerà di tutto, dal lavoro alla legge elettorale, dalla spending all’Europa. Per smentire quelli che chiama «i professionisti della tartina» – ovvero chi critica il passo lento delle riforme – e, soprattutto, lanciare un chiaro avvertimento a Bruxelles.
Un «messaggio forte», promette Renzi ai suoi: «Noi abbiamo preso il 41 per cento per cambiare l’Europa e non per seguire il modello dell’Europa tecnocratica. Nessun trattato consente all’Europa di fare riforme al posto nostro». E se ancora due giorni fa, a margine dell’incontro a Milano dei ministri finanziari, era filtrata l’idea di un commissariamento soft del paese in cambio della possibilità di trasgredire l’obiettivo europeo di medio periodo (il pareggio di bilancio al netto del ciclo), il premier pone un netto altolà. Nessun diktat, nessun monitoraggio stretto delle “county specific reccomendation”, la sovranità italiana non si tocca. Nemmeno in maniera surrettizia. «Nessuno ci mette i piedi in testa», ripete il capo del governo. La prova di forza del palco di Bologna, con i leader socialisti europei venuti ad omaggiarlo alla festa dell’Unità, ora si comprende che serviva anche a questo. A dare un segnale che a Roma non c’è più qualcuno a cui impartire ordini. «Come ai premier precedenti», aggiungono i renziani con un implicito riferimento a Berlusconi-Monti-Letta.
Per il capo del governo quella stagione è finita. «Abbiamo la forza politica per cambiare in Italia e per cambiare in Europa. Nessuno ci mette i piedi in testa». Al contrario, secondo Renzi dovrebbe ora essere «il gruppo dirigente del Pse a chiedere conto a Junker del programma dei 300 miliardi». Perché «noi abbiamo iniziato le nostre riforme, loro non hanno ancora messo un centesimo».
Chiaramente questo gonfiare il petto contro Bruxelles, per essere ritenuto credibile, implica un’accelerazione reale sia sulle riforme che sui tagli «politici» della spending review. E già domani, tornato da Palermo (dove inaugurerà l’anno scolastico nella scuola di Brancaccio che fu di don Pino Puglisi), il presidente del Consiglio si metterà a lavorare sulle proposte di tagli che ha richiesto a ogni ministero. Sulla manovra economica e sulla spending review lo aiuteranno in tanti. Anche per smentire la vulgata di una solitudine del leader a palazzo Chigi, sta entrando a pieno regime la nuova squadra di consulenti e collaboratori. Tra i più ascoltati c’è Marco Fortis, mentre un ruolo crescente se l’è ritagliato il bocconiano Tommaso Nannicini, che sta lavorando sulla riforma del lavoro. Ci sono anche due donne, la presidente del think tank Action Institute, Carlotta de Franceschi, esperta soprattutto in misure finanziarie, e Veronica De Romanis, occhio attento sulla Germania e già collaboratrice al ministero dell’Economia. Nella scrivania accanto a Yoram Gutgeld (che prende il posto di Cottarelli), siederà Alessandro Santori, che sta seguendo con gli uomini di Padoan la riforma del fisco. Altra new entry potrebbe essere Roberto Perotti, uno dei principali esperti italiani di tagli e riorganizzazione della pubblica amministrazione. Novità anche nel team che si occuperà dell’innovazione digitale. Alessandra Poggiani e Stefano Quintarelli lavoreranno nello staff del ministro Madia. Riccardo Luna è stato invece nominato “Digital Champion” per l’Italia. Una figura creata in ogni stato membro, su indicazione della Commissione Ue, per aiutarer a sviluppare la società digitale. Ma su questi temi lavorerà con Renzi anche Paolo Barberis, già fondatore di Dada, tra le società leader in Europa per i servizi di hosting dei domini di Internet. Resta invece il Nazareno, riconfermato nel suo incarico in segreteria come responsabile Economia del Pd, Filippo Taddei, mentre dovrebbe seguire il premier il giovane Luigi Marattin che insegna a Ferrara, esperto in finanza locale.

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