Banchieri e fiscalisti, il pensatoio economico del premier

ROMA. Sono una dozzina, alcuni hanno già firmato il contratto di consulenza. Renzi non vede l’ora di annunciare la notizia, presentarli in pubblico. Sono in primo luogo macroeconomisti, ma anche esperti di fisco, credito, finanza, alcuni con esperienze di merchant bank primarie come Goldman Sachs. Mancano però ancora alcuni documenti, i necessari via libera amministrativi e dunque l’annunciata supersquadra di consulenti è probabilmente destinata a slittare, nella sua interezza, ancora di qualche giorno. La filosofia, spiegata dallo stesso premier ormai da mesi ai suoi interlocutori, è la seguente: «I ministeri sono pieni di esperti giuridici, mancano nel governo competenze tecniche adeguate, manageriali ed economiche, a largo spettro». Non è una novità, tutti sanno che i consiglieri di Stato la fanno da padroni nei gabinetti dei ministeri, se n’è accorto anche il premier e la scelta di un superstaff tecnico-economico è anche destinata a creare una sorta di contropotere, quantomeno di interlocuzione. La lista al momento include due professori della Bocconi, Tommaso Nannicini e Roberto Perotti, il coordinamento del consigliere economico del premier, Yoran Gutgeld, l’ausilio di economisti come Veronica De Romanis e Marco Simoni, i suggerimenti di un esperto di politiche industriali come Marco Fortis, una seconda donna, Carlotta de Franceschi, appassionata di start up, presidente di Action Institute, un think tank apartitico che si occupa della competitività del sistema Italia, un rapporto diverso con Filippo Taddei, oggi responsabile economico del Pd e in questa struttura anche lui inglobato nel ruolo di consigliere diretto del presidente del Consiglio, due profili che sono ancora coperti da riserbo e infine, anche se l’estrazione è diversa, l’ex assessore di Firenze Giuliano da Empoli, grande amico di Renzi, che vestirebbe invece l’abito del consigliere politico. Da Palazzo Chigi trapela un dettaglio: l’idea è stata partorita almeno quattro mesi fa, sino ad oggi non si è riusciti a metterla in pratica. Saranno le resistenze interne di coloro che vedrebbero marginalizzato il proprio ruolo? O le difficoltà tecniche e amministrative? Per avere un’idea: per fare un contratto di collaborazione e consulenza, nonostante il parare positivo di Matteo Renzi, nel palazzo del governo impiegano anche più di sei mesi. In sintesi sono giorni che il presidente del Consiglio si sveglia pensando che la cosa sia chiusa, che al pomeriggio avrà tutte le carte sulla scrivanie e potrà convocare i giornalisti. Niente da fare, occorre ancora attendere. Di sicuro l’operazione prevede un rafforzamento di expertise della struttura di Palazzo Chigi: chi lavora al progetto da mesi ammette che con i ministeri il dialogo non sempre è costruttivo, è certamente da migliorare e in alcuni casi gli uffici di Renzi sono sprovvisti di staff che possano in qualche modo interloquire e risolvere dossier che viceversa sono destinati ad essere più «subiti» che gestiti in modo diretto dalla presidenza del Consiglio.

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