«Make Italy great again!» potrebbe essere lo slogan, trumpiano e ambizioso, del summit tra imprenditori, banchieri, finanzieri ed economisti, italiani e americani, che Fernando Napolitano, in partnership con Ernst Young (EY), ha organizzato per il 14 febbraio prossimo a New York. Il summit, alla sesta edizione, si prefigge di accreditare l’Azienda Italia agli occhi della business community americana come un sistema efficiente, di cui fidarsi perché almeno il settore privato, ma non solo, lo merita. «Accreditare significa promuovere relazioni e affari» spiega Napolitano. «Gli affari richiedono stabilità, prevedibilità e informazioni certe e puntuali, meglio se da fonte indipendente e terza rispetto a un governo. Proprio quel che serve al nostro Paese per crescere negli Usa, e che il summit offre».
Napolitano – all’attivo una carriera da superconsulente (è stato per vent’anni e fino al 2010 amministratore delegato di Booz Allen Italia) e oggi consigliere indipendente in varie società tra cui Mediaset e Amri, società farmaceutica quotata al Nasdaq – di fatto fa l’imprenditore della conoscenza, svolgendo un ruolo che è, insieme, di mediatore culturale e banchiere d’affari.
E i risultati si vedono: all’ultima edizione del summit, il parterre è stato d’eccezione: da Giuliano Amato a Marta Dassù, da Andrea Guerra di Eataly, a Maximo Ibarra di 3-Wind a Massimo Scaccabarozzi di Farmindustria, da Sandro De Poli di Ge, a Domenico Arcuri di Invitalia, Guido Nola di Jp Morgan, Alessandro Decio di Sace, Flavio Valeri di Deutsche Bank, Ferruccio Ferragamo, Marialina Marcucci. Moderati da Pimm Fox, grande firma di Bloomberg Media.
«La varietà e la forza del business italiano sono ancora poco conosciute dagli americani» spiega «e noi di Italian business and investment initiative (in sigla, IB&II, ndr) abbiamo investito tutto il nostro impegno per farla conoscere meglio, attrarre investitori americani sulle idee e le competenze italiane, dar modo ai giovani italiani di talento di formarsi negli Stati Uniti. In cinque anni, abbiamo fatto molto».
Effettivamente, i numeri parlano chiaro: 80 vincitori di borse di studio Best con il programma Fulbright, 37 imprese high tech create in Italia con 330 nuovi posti di lavoro e 50 milioni di dollari di investimenti. Nel 2017, le borse di studio saranno raddoppiate per poi salire fino a quota 300 negli anni successivi. Fatti e non parole anche al «One week acceleration program»: 12 simposi organizzati, 300 start-up presentate, 20 delle quali hanno aperto una branch negli Usa.
«Sì, in questi cinque anni l’attenzione concreta del sistema Usa verso il nostro Paese è costantemente cresciuta. Al summit di febbraio presenteremo a New York cinque settori industriali italiani di cui solo uno è già adeguatamente noto e apprezzato, cioè il food, ma altri quattro, rilevantissimi e in molti casi all’avanguardia, ancora poco noti: energy, automotive, telecom/infrastrutture e pharma».
Al summit di fine novembre Donato Iacovone, amministratore delegato di EY in Italia, aveva presentato una eloquente ricerca, in collaborazione con l’American Chamber of Commerce, sulle opportunità dell’iniziativa: l’export italiano negli Usa ha registrato, sì, un + 5 % nel 2015, a quanto pare confermato nel 2016: ma in valore questo rappresenta solo 44 miliardi di dollari, appena un terzo del made in Germany sbarcato negli Usa.
«La fiducia degli investitori esteri nell’economia italiana sta crescendo anche grazie all’azione di governo dell’ultimo anno, in primis il Piano Industria 4.0» commenta Donato Iacovone. «Non c’è dubbio che il rapporto tra Stati Uniti e Italia sia uno dei pilastri attorno a cui costruire la crescita futura della nostra economia, da sempre orientata all’export. Numerosi sono, inoltre, i casi significativi di internazionalizzazione di aziende italiane verso gli Usa, e a livello settoriale riteniamo meritevoli di particolare attenzione Telco, Energy, Pharma, Food, Manufacturing. Che non a caso abbiamo posto al centro del prossimo summit di New York».
Il summit, e la comunità che lo anima, stanno crescendo anche per rilevanza istituzionale – un po’ come una «Cernobbio» italiana all’estero: lo attesta l’aumento delle presenze italiane di rango nel Council on foreign relations, cioè il think-tank americano sugli affari internazionali più esclusivo del mondo. Al partner storico, Eni, se ne sono aggiunti vari altri, non a caso vicini a IB&II: Chiomenti, Terna, Publitalia e Wind. «Tra l’altro, i leader di queste aziende saranno ospiti del presidente del Council, Richard Haass, in occasione del prossimo summit» sottolinea Napolitano.
I co-promotori del Summit di IB&II a New York sono l’American Chamber of commerce, Aspen Italia, Us Italy Council, L’American study center, l’Action Institute e l’Università Bocconi. Media partner: Panorama.