Autore : Agnese Gatti
Data: 28-05-2020
Tipo: Altro
Tematica: Action Institute
La scomparsa, prematura e improvvisa, dell’economista Alberto Alesina lascia un grande vuoto nella comunità accademica internazionale e nel dibattito pubblico italiano. Lo spessore del suo contributo emerge dalle reazioni di colleghi, ex-studenti e amici, ma anche dal ricordo di chi ne criticava le posizioni o di chi, come Mario Monti, ne è stato maestro. Due sono i tratti che caratterizzano il ritratto delineato in questi giorni: il grande valore intellettuale e la straordinaria capacità di stimolare instancabilmente le idee di quanti aveva attorno. Alesina ci lascia forse ad un passo dal premio Nobel, avendo unito alla creatività nella ricerca l’acuta osservazione della realtà italiana. Spesso infatti, fra le colonne del Corriere, trovavano spazio i sui articoli di commento firmati assieme al collega ed amico Giavazzi.
Alberto Alesina era titolare della di Cattedra di Economia Politica “Nathaniel Ropes” all’Università di Harvard, di cui aveva diretto il Dipartimento di Economia, e dove aveva conseguito il dottorato nel 1986. Membro del National Bureau of Economic Research, del Centre for Economic Policy Research, dell’Econometric Society e dell’American Academy of Arts and Sciences, Alesina ha pubblicato su tutte le più importanti riviste scientifiche, risultando tra i trenta economisti più citati al mondo e vincendo recentemente, con Giavazzi e Favero, il prestigioso Hayek Book Prize 2020.
Alesina si è formato come macroeconomista: frequenta il corso Discipline Economiche e Sociali presso la Bocconi dove si laurea con una tesi sull’inflazione supervisionata da Mario Monti. Compie i suoi studi nell’Italia degli anni Settanta, nel pieno di crisi svalutative, inflazione e crescita dei disavanzi pubblici. Prosegue poi il proprio percorso con un dottorato negli Stati Uniti, provenendo però da un Paese che è un “laboratorio a cielo aperto” di scelte di politica economica. Ed è forse proprio questo retroterra che lo porta a mettere in comunicazione teoria economica e scienza politica, discipline fino ad allora distinte. Con Guido Tabellini, Alesina dà vita a un nuovo campo di ricerca, quello, appunto, dell’economia politica. Il primo grande contributo consiste nel mettere il conflitto politico al centro delle scelte di politica economica: i politici, cioè, non sono semplici agenti razionali che massimizzano le probabilità di essere rieletti convergendo sulle scelte di policy, ma sono animati da ideologie di parte. L’intuizione innovativa stava nel riconoscere l’impatto degli esiti elettorali sui cicli economici, e quello delle dinamiche interistituzionali sulla gestione del debito pubblico. Una delle idee più dibattute era quella che le politiche di consolidamento fiscale potessero fungere da stimolo espansivo, se basate sul contenimento della spesa piuttosto che sull’aumento delle tasse.
Alesina però non è solo il padre dell’economia politica, egli dà grande impulso anche all’economia culturale, che mette in relazione i risultati economici con i tratti culturali condivisi da determinati gruppi come norme sociali, istituzioni, strutture familiari, ruoli di genere. A partire dagli anni Novanta, infatti, Alesina studia la frammentazione etnica, tipica della società multirazziale americana, e le sue conseguenze in termini di finanza pubblica. Non confina però la sua prospettiva a una sola sponda dell’Atlantico, ma confronta, assieme a Glaeser, l’eterogeneità dei gruppi etnici, le preferenze redistributive e i modelli di welfare degli Stati Uniti con quelli dei paesi del Vecchio Continente, proseguendo poi nello studio delle sfide insite nell’integrazione europea. Non a caso, infatti, Alesina è sempre stato attivo sulla scena statunitense quanto su quella europea, mantenendo vivi i rapporti, anche in maniera dialettica, con l’Alma Mater milanese. Lo studio di Alesina ha dunque anticipato di circa vent’anni i conflitti che viviamo nelle società contemporanee, fortemente polarizzate e poco coese. Da pioniere, Alesina ha applicato i metodi empirici frutto della rivoluzione microeconometrica a campi prima esclusivamente teorici.
La profonda intuizione e la nitidezza del ragionamento hanno portato Alesina non solo a farsi le “domande giuste”, camminando per primo su sentieri inesplorati, ma anche a ispirare e motivare intere generazioni di studenti. Non si può infatti parlare di Alberto Alesina prescindendo dalla sua figura di mentore; tant’è che come membro del Comitato scientifico di Action Institute, ha avuto un ruolo cruciale nel decollo di un think tank nuovo nel panorama italiano che si approcciasse fattivamente alla necessità di cambiamento del Paese.
L’eredità intellettuale di Alesina è vasta e profonda, lo stile di ricerca collaborativo, il suo esempio da moderno Odisseo – amante però più delle sfide delle vette montane, che degli orizzonti marini – è e rimarrà chiaro: spingere la frontiera della conoscenza ancora un po’ più in là, contribuire, con viva gioia, all’avanzamento del sapere.