Autore : Davide Brocchi
Data: 19-12-2018
Tipo: Altro
Tematica: Capitale Umano
Finiremo tutti a contare pecore elettriche?1
La domanda è legittima se Carlotta de Franceschi apre il suo intervento all’interno del libro Work in the Digital Age (Neufeind, O’Reilly, Ranft, 2018) con una citazione tratta dal film Blade Runner. Questa associazione inaspettata fornisce l’occasione per affrontare il tema complesso di come la tecnologia stia plasmando le nostre vite, a cominciare dal mondo del lavoro.
La quarta rivoluzione industriale, evocata dagli autori del libro, solleva una serie di questioni fondamentali riguardo al futuro delle nostre vite. In questo mondo ricco di rischi e opportunità, l’Italia si è mossa a tentoni. Rimanere al passo in un’epoca di tale fermento tecnologico richiede una serie di riforme che cambino strutturalmente le fondamenta dell’ecosistema italiano, a cominciare dall’istruzione e dal lavoro.
Nel tentativo di tracciare una guida utile ai policy-makers nostrani, la de Franceschi non manca di sottolineare come alcune iniziative portate avanti negli ultimi anni dal governo italiano vadano in questa direzione: tra queste cita lo sviluppo della banda ultra-larga, promosso dal Consiglio dei Ministri nel 2015 e sostenuto tramite una nota ufficiale dalla Commissione Europea, e il lancio del piano nazionale industria 4.0, con l’obiettivo di promuovere la digitalizzazione del sistema produttivo italiano e sostenere la proliferazione di aziende tech e start-up.
Il piano prevede una serie di incentivi diretti all’innovazione, articolati in quattro aree: incentivi fiscali per le imprese che investono in beni tecnologici, sostegno ai prestiti bancari finalizzati al finanziamento di investimenti in impianti delle PMI, sgravi per la formazione 4.0 del personale riconosciuti in crediti di imposta per le maggiorazioni di spesa sostenute, interventi sul mondo dell’Università, con il potenziamento dei percorsi di formazione tecnici (istituti tecnici) e sviluppo di Competence Centers, ovvero meccanismi di collegamento tra il mondo produttivo e quello della ricerca.
Gli incentivi fiscali agli investimenti e ai prestiti non hanno sortito gli effetti sperati, poiché accanto a questi interventi si sono mantenute forme di sostegno agli investimenti in macchinari tradizionali, giustificate in precedenza dalla stretta creditizia conseguente alla crisi economica, ma attualmente ridondanti (Schivardi, 2017). Dal lato della formazione l’autrice auspica un intervento più profondo, sebbene i 220 milioni stanziati per il vocational training e training universitario costituiscano un buon punto di partenza.
Passate in rassegna le politiche messe in atto in passato, il capitolo prosegue con una serie di proposte per preparare i giovani all’occupazione del futuro, senza trascurare la posizione di coloro che dal mondo del lavoro sono usciti e cercano di rientrarci.
Nella visione della de Franceschi l’accumulazione di capitale umano e il sistema educativo rivestono un ruolo di primo piano nella formazione di individui capaci di rapportarsi con le sfide che la quarta rivoluzione industriale ci pone. Anche in questo ambito l’Italia è in ritardo rispetto ad altri paesi. La connessione tra il sistema di istruzione e il mondo del lavoro si rivela poi particolarmente debole.
L’autrice identifica una priorità nel miglioramento del sistema di orientamento all’università e al lavoro, di cui l’Italia è particolarmente carente. In un paese nel quale le scelte del percorso formativo sono pesantemente influenzate dalla condizione socioeconomica e dal livello di istruzione delle famiglie, è necessario fornire ai giovani gli strumenti per prendere decisioni informate e autonome. A questo proposito nel libro viene citata la possibilità di utilizzare l’alternanza scuola lavoro, introdotta dalla riforma “Buona Scuola” per scegliere tra apprendistato regolare, crediti accademici o corsi di formazione, come suggerito da Zucchini, Lecce e Caputo (Action Institute, 2016).
La formazione non può limitarsi al periodo scolastico: nel rapporto Education at a Glance (OECD, 2017) si stima che il 53% della popolazioni italiana sarà laureata tramite un programma di vocational training nel corso della propria vita. Partendo da questa considerazione, la de Franceschi sottolinea la necessità di potenziare i processi di training e retraining, in modo da garantire l’accesso al lavoro anche agli individui privi di un titolo di studio universitario. I programmi VET esistenti in Italia soffrono di grande disparità a livello regionale in termini di sia di efficienza che di efficacia: per questa ragione è necessario armonizzare il sistema nazionale e migliorare gli strumenti di valutazione dei progetti finanziati.
Nel dibattito elettorale che ha preceduto le elezioni del 4 marzo temi quali istruzione, innovazione, ricerca e formazione sono rimasti ai margini del dibattito politico. I partiti hanno preferito concentrarsi su immigrazione, pressione fiscale e spesa pensionistica, nel tentativo di creare consenso intorno a problematiche percepite come più immediate da un elettorato, spesso per sua natura poco lungimirante.
Un libro come Work in the Digital Age presenta una prospettiva di respiro internazionale e contribuisce ad alimentare il dibattito intorno a temi che non sempre vengono percepiti dall’opinione pubblica come prioritari. Quella suggerita dalla de Franceschi non è la strada più immediata, ma è l’unica che garantisca solide basi per rimanere a galla nel mare della quarta rivoluzione industriale.
1) Il film Blade Runner è tratto dal romanzo Do Androids Dream of Electric Sheep? di Philip K. Dick.