Autore : Simone De Palma
Data: 09-07-2019
Tipo: Altro
Tematica: Action Institute
Seguendo le nuove mire espansionistiche, Xi ha annunciato la mastodontica ‘One Belt One Road Initiative’: sulla carta, il piano statale cinese ha un budget che supera il triliardo di dollari e consiste nell’offerta di prestiti significativi a basso tasso di interesse a paesi in via di sviluppo in tutto il mondo per finanziare la costruzione di importanti infrastrutture e supportare la loro economia. Seguendo la visione di Xi, la Cina sta usando il suo “soft power” per espandere la propria influenza in ambito internazionale offrendo rischiosi finanziamenti a basso costo a tutti i paesi che ne hanno bisogno, in modo da creare sani e forti rapporti commerciali. Ma ci sarà dell’altro?
Prevedibilmente, la ‘One Belt One Road Initiative’ si è dimostrata nel corso degli anni molto più che un atto di generosità verso i paesi asiatici ed europei. Infatti, i prestiti cinesi hanno aiutato a finanziare la linea ferroviaria ad alta velocità che collega Londra a Yiwu, le linee ferroviarie in Vietman, Laos, Cambogia e Malesia, gli oleodotti che partono dal Mar Caspio e portano al confine cinese e i porti nelle Filippine, Bangladesh, Sri Lanka, India, Oman, Iraq, Somalia e Grecia. Localizzando su una cartina geografica tutti questi progetti, si può chiaramente vedere come lo Stato cinese abbia fatto una serie di investimenti strategici per creare una efficiente rete commerciale attraverso Asia, Africa ed Europa che ha come fulcro sé stesso. Inoltre, moltissime di queste imponenti infrastrutture sono state costruite da compagnie statali cinesi, portando di fatto un introito netto positivo sui prestiti fatti dalla Repubblica Popolare Cinese.
Figura 1 – Il Return On Investments favorisce l’iniziativa della BRI
Per di più, oltre a tutti questi benefici economici e commerciali, la Cina può ora contare sul supporto in ambito internazionale dei tantissimi stati di cui è creditrice e quindi in cui ha assunto una posizione di influenza in ambito economico e politico.
Il 23 Marzo, 2019, la ‘One Belt One Road Initiative’ è arrivata anche in Italia. Il Memorandum concordato tra il Governo Italiano e quello cinese contiene un’intesa tra Cina e Italia su 29 punti (19 istituzionali e 10 commerciali). Nonostante la molteplicità di punti discussi, i contenuti principali sono i seguenti: in primis, la Cina offrirebbe un prestito di circa tre miliardi di dollari per offrire aiuti alle piccole e medie imprese italiane con la disposizione dei nuovi ‘Panda Bond’, mirati a raccogliere capitale cinese da investire nelle PMI; in secondo luogo, l’accordo si propone di stimolare il turismo in Italia tramite la partnership tra l’agenzia di viaggi online China-Trip e l’aeroporto di Roma, Trenitalia e i Musei Ferrari; il terzo obbiettivo, infine, riguarda la rivitalizzazione dei porti di Genova e Trieste con la ristrutturazione ed il miglioramento delle loro strutture da parte dell’azienda China Communication Construction Company.
Le proposte avanzate dalla Cina sono certamente allettanti. In Italia, infatti, si è progressivamente sviluppato durante l’ultimo decennio un sentimento nazionalista e antieuropeo, ulteriormente rafforzato dalle continue discordanze tra la Commissione Europea e il Governo Italiano. Tramite questo accordo, quindi, l’Italia diventerebbe un importante partner d’affari per la Cina, la quale potrebbe offrire l’opportunità per risaldare l’economia ed uscire dal ristagnamento economico odierno.
Tuttavia, l’accordo firmato il 23 Marzo ha ulteriormente incrinato l’immagine del Bel Paese nei confronti degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, ravvivando tensioni sul piano politico ed economico. Infatti, non è da dimenticare che l’Italia è un membro fondatore della NATO, dell’Unione Europea e del G7, posizionandosi in un contesto internazionale opposto, e quasi incompatibile, rispetto a quello di Pechino. Negli scorsi mesi, inoltre, sia gli U.S.A., attualmente impegnati in una ‘Trade War’ contro la Cina, che l’Unione Europea, impegnata nella costruzione di una rete trans-europea per collegare il blocco europeo all’Asia, avevano sconsigliato esplicitamente l’ingresso dell’Italia nel progetto cinese.
Il Governo Italiano si ritrova quindi di fronte ad un bivio: rifiutare l’offerta cinese prima della sigla del patto definitivo e rimanere all’interno di un contesto geo-politico democratico, europeista ed occidentale, oppure separarsi dai suoi alleati storici ed accettare gli investimenti cinesi con la speranza che possano risollevare l’economia del paese e beneficiare milioni di italiani. Sarà questa la giusta direzione da intraprendere per risollevare l’economia italiana, oppure anche l’Italia rischia di diventare solo una pedina nelle mani del Gigante Rosso? Per ora il futuro rimane incerto.