SINGLE-PUBBLICAZIONE

L’Europa tra finanza e politica: la sfida dell’incertezza

Autore : Davide Brocchi

Data: 26-02-2019

Tipo: Altro

Tematica: Action Institute

Il 2019 si preannuncia un anno cruciale per il destino dell’Unione Europea. Da un lato la fine del quantitative easing che metterà sotto pressione le economie più fragili dell’eurozona, le elezioni europee dall’altro, che si svolgeranno in un clima di incertezza senza precedenti, sembrano minacciare la sopravvivenza stessa dell’Unione.


Nell’ultima conferenza della BCE, il presidente Mario Draghi metteva in guardia dai rischi dell’incertezza politica, prendendo atto della volatilità dei mercati finanziari generata dalla situazione politica italiana.  Lo stesso Draghi sarà indiscusso protagonista degli ultimi mesi del 2018, nei quali la massima istituzione bancaria continentale continuerà nel processo di graduale spegnimento del quantitative easing, la manovra monetaria alla quale Draghi ha legato indissolubilmente la sua presidenza. Il QE aveva come duplice obiettivo quello di sostenere la ripresa economica nell’eurozona, ma anche di concedere tempo ai paesi europei per fare le riforme strutturali e portare avanti il progetto di banking union.

 

Altrettanto complicata è la situazione politica dell’Unione, con i cittadini europei che saranno chiamati alle urne a maggio per decidere la composizione dell’europarlamento. Le prossime elezioni ci restituiranno un’immagine più dettagliata della congiuntura politica del continente e soprattutto ci diranno se i partiti populisti possono ambire all’affermazione al di fuori dei rispettivi confini nazionali. L’ascesa del populismo è il tratto più saliente del panorama politico contemporaneo e i paesi europei non fanno eccezione: in Italia la coalizione di governo è formata da due movimenti che, seppur partendo da posizioni politiche diverse, sono riusciti a cavalcare l’onda anti-establishment. In Francia i partiti storici (Repubblicani e Socialisti) sono crollati nei sondaggi, mentre in Germania hanno fatto scalpore l’ascesa dei Verdi e i buoni risultati degli euroscettici di AfD.

 

La composizione del parlamento europeo tuttavia colloca in gruppi diversi partiti e movimenti che sono riusciti a trovare un accordo a livello nazionale (è il caso emblematico di Lega e 5 Stelle), sulla base di un sentimento anti europeista condiviso. Il sovranismo, tratto comune a tanti dei movimenti che saranno protagonisti delle prossime europee, sembra inconciliabile con la creazione di una maggioranza trans-nazionale di populisti al parlamento europeo, tuttavia questo scenario e le sue implicazioni per le sorti dell’Unione non possono essere trascurati.

 

Questi temi sono stati al centro della conferenza “Finanza e politica: le sfide parallele dell’integrazione europea”, tenutasi l’8 novembre presso l’Università Bocconi e organizzata dall’associazione studentesca Aleph. Il professor Andrea Resti, docente associato del dipartimento di Finanza ha introdotto i due guest speakers dell’evento: Nico di Gabriele, principal supervisor presso la BCE e Carlotta de Franceschi, presidente e co-fondatrice di Action Institute.

 

L’intervento di Carlotta de Franceschi ha toccato diversi punti focalizzandosi in particolare sulla risposta delle istituzioni europee alla crisi finanziaria del 2008 e sulle sue conseguenze nel medio periodo. A differenza della Fed, che ha portato avanti fin da subito una politica monetaria espansiva, procedendo ad un graduale abbassamento dei tassi d’interesse, la Banca Centrale Europea ha aumentato i tassi nel 2011, tenendo fede al proprio mandato di controllo della stabilità dei prezzi. L’aumento dei tassi, combinato con gli effetti nefasti della crisi sulla domanda, che hanno ridotto la produttività di molte imprese, ha avuto conseguenze immediate sull’erogazione del credito da parte delle banche. Il cosiddetto credit crunch ha colpito con particolare durezza il sistema italiano, aggravato successivamente dalla crisi del debito sovrano e costituito principalmente da piccole e medie imprese che si finanziavano con linee di credito revolving a breve termine: nel 2012 si è registrato il più alto numero di fallimenti aziendali della storia italiana.

 

Tutti i relatori hanno poi concordato sulla gravità del mancato completamento dell’Unione Bancaria europea. In risposta alla crisi finanziaria la Commissione Europea ha infatti avviato le procedure per una maggiore integrazione del settore bancario europeo. I primi due passi in questa direzione sono stati compiuti con la creazione del Single Supervisory Mechanism (SSM), che attribuisce alla BCE funzioni di vigilanza sulle maggiori banche europee, e con il Single Resolution Mechanism (SRM), che regola la risoluzione del default delle banche sottoposte a SSM, minimizzando i costi per i contribuenti e le ricadute sull’economia reale. Tuttavia il terzo pilastro della Banking Union, ovvero un meccanismo unico di garanzia dei depositi, è mancante. Questo comporta una diversa percezione da parte dei mercati della solvibilità degli stati membri, con conseguenze particolarmente dannose per i paesi dell’Europa meridionale, che sono più esposti alla pericolosa connessione tra debito sovrano e rischio bancario.

 

Alla luce di queste considerazioni, le elezioni europee a maggio saranno uno spartiacque fondamentale: un’eventuale maggioranza populista rischierebbe di acuire le frizioni già presenti in seno alle istituzioni europee, impedendo lo sviluppo del progetto di riforma portato avanti, seppur con tutti i difetti del caso, dopo la crisi finanziaria. Una maggiore integrazione sembra essere la chiave per non ripetere gli errori del passato: questa passa necessariamente da un’Europa più compatta, più bilanciata, più inclusiva, in una parola più europeista.

 

 

 

 

 

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