Autore : Davide Manglaviti
Data: 04-12-2020
Tipo: Altro
Tematica: Credito
Secondo Warren Buffett “Un buon investimento in un indice azionario può fornire rendimenti interessanti senza troppi sforzi”. Eppure, la maggioranza degli investitori istituzionali non sembra essere della stessa opinione e nell’ultimo decennio ha dimostrato un crescente interesse per gli investimenti alternativi.
In periodi di forte crisi economica come quello che stiamo vivendo, le banche centrali abbassano i tassi di interesse per stimolare la crescita attraverso i canali di trasmissione della politica monetaria. Tuttavia, se tali misure espansive sono senza precedenti, come in questa pandemia, o sono prolungate nel tempo, come nel caso della crisi del 2008, possono verificarsi delle conseguenze indesiderate nei mercati finanziari, come ad esempio un appiattimento della curva del rischio-rendimento che spinge gli investitori a ricercare rendimenti nei cosiddetti “strumenti illiquidi” o “investimenti alternativi”.
All’interno di questo trend si inserisce la decisione dei fondi pensione americani di riservare una parte considerevole dei loro portafogli agli alternativi. Nel 2019 in Europa, come riportato da Bruegel, i finanziamenti in private equity (€94 miliardi) hanno quasi raggiunto gli investimenti in public equity (€99 miliardi). Pertanto, non dovrebbe stupire il fatto che gli investimenti in private equity abbiano progressivamente assunto un ruolo cruciale nel veicolare risorse finanziarie all’economia reale.
Tuttavia, è necessario interrogarsi sull’investimento dei risparmi dei cittadini in strumenti tipicamente illiquidi. Il Fondo Monetario Internazionale, per esempio, adotta una prospettiva prudente. In un suo paper sottolinea come politiche monetarie fortemente espansive, se prolungate, possano portare ad assunzioni di rischi eccessivi nei mercati e, conseguentemente, instabilità di medio-lungo periodo nel sistema finanziario globale. Da questo punto di vista, gli investimenti dei piani pensionistici americani, i cosiddetti 401k, in strumenti alternativi come il private equity sarebbero da valutare con una certa cautela. Il think tank Bruegel, invece, propone una maggiore trasparenza dei mercati illiquidi attraverso la creazione di un singolo punto di accesso alle informazioni sulle imprese europee, potenzialmente implementato dall’ESMA.
Il ruolo degli investimenti alternativi, del private equity e del private debt, in Italia è stato ampiamente discusso il 1° dicembre 2020, durante la IV Giornata dell’Investitore Istituzionale, organizzata dalla FeBAF (Federazione Banche Assicurazioni e Finanza) presieduta da Luigi Abete, ed incentrata quest’anno sull’indirizzo più efficiente dei risparmi degli italiani verso l’economia reale, facilitando così l’uscita del nostro Paese dalla grave crisi economica che sta affrontando. Questo appuntamento annuale è stato dedicato al contributo degli investitori istituzionali allo sviluppo economico del Paese. L’edizione 2020 ha inoltre visto la collaborazione dell’Università Guglielmo Marconi.
Due panel di rappresentanti del mondo finanziario si sono succeduti nel corso della giornata, coinvolgendo imprese, banche, investitori e policy maker. Hanno partecipato come speakers Stefano Scalera, Vice Capo di Gabinetto presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Emanuele Orsini, Vice Presidente per il Credito, la Finanza ed il Fisco a Confindustria, Giovanni Sabatini, Direttore Generale di Associazione Bancaria Italiana, Roberto Ippolito, Professore di Principal Investing presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, Dario Focarelli, Direttore Generale dell’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici, Anna Gervasoni, Direttrice Generale dell’Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, Giovanni Maggi, Presidente di Assofondipensione, Antonella Massari, Direttrice Generale dell’Associazione Italiana di Private Banking, Alberto Oliveti, Presidente dell’Associazione degli Enti Previdenziali Privati e Silvia Rovere, Presidente di Assoimmobiliare. L’incontro è stato introdotto dal Presidente di FeBAF, Luigi Abete, il quale ha immediatamente rimarcato l’urgente necessità di patrimonializzare le piccole e medie imprese italiane non solo per garantirne il rilancio in termini di competitività nell’arena internazionale, ma anche per assicurarne la sopravvivenza all’attuale crisi.
La Presidente di Action Institute, Carlotta de Franceschi ha partecipato nel ruolo di moderatrice del primo dei due panel di esperti invitati all’evento. La discussione è iniziata dai rischi a cui l’economia italiana è attualmente soggetta a causa della pandemia di Covid-19 che lascerà il sistema produttivo gravemente indebitato.
Ha aperto il panel Stefano Scalera secondo il quale per affrontare la sfida della ripresa è certamente necessaria una pianificazione strategica per l’impiego delle risorse derivanti dagli aiuti europei. Urge altresì intervenire sulla cultura finanziaria dell’imprenditoria italiana, coinvolgendo dirigenti delle imprese, banche, investitori istituzionali ed il governo in una dialettica costruttiva al fine di favorire l’esposizione del settore privato e dell’amministrazione pubblica a idee innovative.
A seguito di questo intervento, Emanuele Orsini, ha sottolineato come a fronte di un aumento dell’indebitamento totale delle imprese italiane per 128 miliardi di euro (più 6,8% rispetto al periodo pre-pandemia) e una contrazione del 10% del PIL per la chiusura del 2020, sarebbe auspicabile un rafforzamento ed una diversificazione della patrimonializzazione delle imprese italiane. Una soluzione consisterebbe in un ulteriore sviluppo del private equity in Italia, nonché incentivi alle quotazioni delle piccole e medie imprese attraverso misure fiscali, semplificazioni regolamentari, e coperture per l’emissione di bond verso le imprese.
Giovanni Sabatini ha posto poi l’accento sul ruolo giocato delle banche in questa crisi: le banche possono infatti svolgere una funzione di consulenza alle Piccole e Medie Imprese italiane nell’accedere al mercato dei capitali, accrescendo la cultura finanziaria dei CFO e avvicinando le imprese ad una platea allargata di operatori di mercato, quali fondi di venture capital, fondi di private equity e business angels. Non solo: le banche possono favorire il processo di ristrutturazione del capitale delle imprese e di gestione del debito privato attraverso la collocazione di strumenti di cartolarizzazione sul mercato. A tale scopo, il Direttore Generale di ABI ha incoraggiato l’introduzione di linee guide comuni a livello europeo per meccanismi di cartolarizzazione di crediti deteriorati.
Diverse le proposte di policy emerse durante la discussione. Il Professor Roberto Ippolito ha illustrato una proposta volta a mobilitare una quota pari al 15-20% dei risparmi italiani non investiti, circa 700 miliardi di euro, allo scopo di favorire la ricapitalizzazione delle imprese italiane, garantendo loro liquidità nel breve termine e possibilmente allungando la durata dei prestiti per mitigare i rischi legati al rollover dei rispettivi debiti. La proposta comporterebbe l’istituzione di una task force presso la Presidenza della Repubblica coinvolgendo la Banca d’Italia, la CONSOB, Borsa Italiana e il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Antonella Massari ha poi evidenziato il ruolo giocato dai Piani Individuali di Risparmio (PIR) Alternativi, proponendo l’introduzione di detrazioni fiscali sulle imposte sul reddito relativamente alle perdite registrate dagli investitori allo scadere di 5 anni di mantenimento di tali strumenti. Questa misura darebbe slancio allo sviluppo del mercato di tali strumenti, ampliando gli incentivi fiscali associati ai PIR, che attualmente prevedono l’esenzione sui rendimenti finanziari maturati dopo 5 anni di mantenimento e l’esenzione da imposte sulla successione.
Quando si parla di investimenti, è difficile che Warren Buffett si sbagli. Ed è chiaro che il mondo del private equity e degli investimenti alternativi implichi un maggior sforzo e maggiori rischi rispetto ai semplici indici azionari. Nel contesto italiano, caratterizzato da piccole medie imprese e piagato da una giustizia lenta ed una pregante burocrazia, quali policy potranno garantire che questi capitali raggiungano il tessuto imprenditoriale secondo un framework che ne garantisca l’impiego con l’adeguata competenza e governance nel processo di investimento in linea con le best practice internazionali?